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martedì 12 aprile 2016

Il DiVino Rosso Veronese.

Croce e delizia di ogni appassionato, il Vinitaly spegne quest'anno le 50 candeline.
Esistono delle vere e proprie "guide alla sopravvivenza" alla manifestazione che continua, come per ogni nuova edizione, a battere tutti i record. I numeri sono impressionanti: dal 10 al 13 aprile sono presenti 4.100 espositori, dislocati su oltre 100.000 metri quadrati di superficie. Già questo basta a chiarire le dimensioni dell'evento.
Chi non arriva con le idee chiare, con un percorso prestabilito, con un orario di uscita da rispettare, rischia rigorosamente il default.

E chi non ha mai partecipato alla kermesse veronese, almeno alle ultime edizioni, non può immaginare neppure lontanamente cosa ti aspetti oltre i tornelli di ingresso della Fiera.
Interi padiglioni dedicati alle singole regioni italiane, stand di associazioni, agenzie, grandi enologi, enoteche regionali, enti, ministeri, denominazioni, consorzi, vignaioli tradizionali, indipendenti, biodinamici, degustazioni guidate, private, collettive, ospiti esteri: insomma di tutto di più.
Se pensate di andare oltre, gli innumerevoli appuntamenti in città e le manifestazioni parallele dedicate all'olio o alle macchine agricole.


A Vinitaly partendo da Roma con il primo treno delle 06.30, dopo poco più di tre ore, sei già all'ingresso, operativo.
Se intendi seguire la sequenza di una carta dei vini tradizionale e "aggredisci" subito la Franciacorta (regione Lombardia, strategicamente oltre l'accesso), di sicuro prima dell'ora di pranzo giri con un paio di grappe nel calice. Il consiglio di sempre, basato sull'esperienza, è quello di partire da due semplici assiomi:
  • rimanere concentrati su un percorso, in genere tipologia/regione (e non sgarrare)
  • non potrai mai assaggiare tutto. Non farti cogliere, per questo motivo, dalla crisi depressiva post uscita del "non-sono-riuscito-a-provare-quel-vino-di-cui-si-fanno-solo-2000-bottiglie...".
Sopra ogni regola, infine, devi sperare vivamente che, proprio quando hai deciso di tornartene a casa, non incontrerai proprio quell'amico, collega o produttore che non sei riuscito a salutare fino ad allora, durante la tua giornata in Fiera. 
Se questo accade, sei sicuro: seppure ligio alle regole, a quel punto...hai sballato.  
Di un'altra cosa devi essere altrettanto sicuro: se non sei ospite proprio di amico, collega o produttore ovvero se non intendi chiudere ordini di ingenti partite enoiche, a Vinitaly non mangi. O ti accontenti degli affollatissimi e costosissimi punti cibo, o una tra le cose più difficile potrà essere nutrirti. A quel punto parti premunito e ti doti di un panino con la porchetta, acquistato da uno dei chioschi che accompagnano il percorso tra parcheggio ed ingresso. Il panino lo riponi in borsa oppure lo consumi durante la fila per l'ingresso che dura, mediamente, tre quarti d'ora.

Avvertenza per il pubblico del centro Italia: la porchetta è tagliata con la macchina affettatrice e perciò sottilissima. Niente farciture al coltello e croccanti "cotiche" saporite.

Stante queste premesse, come ogni anno, la stessa fatidica domanda: si parte o non si parte?
Se proprio ne puoi fare a meno, Vinitaly è come il Festival di Sanremo: va preso a piccole dosi, magari una volta ogni 3 o 4 anni.
Se però hai deciso di andare, perché è la prima volta o perché di anni ne sono passati 5 dalla tua ultima presenza, allora in bocca al lupo.
E ricordati che sei a Verona, Patrimonio dell'Unesco.
Camminare tra le sue nobili strade offre un'emozione unica: l'atmosfera, la storia, l'architettura, si specchiano su uno dei più antichi materiali da costruzione utilizzati in città, fin dall'epoca romana: il Marmo rosso veronese.
Come raccontato in altri post, il marmo è una accezione commerciale di una litologia sedimentaria tenace e lavorabile, adatta per la costruzione e l'edilizia. Dal punto di vista petrografico il marmo è invece una roccia che deriva da metamorfismo del carbonato di calcio, per intenderci quello delle Alpi Apuane.
Il Rosso Veronese (togliamo "marmo", cosi semplifichiamo) è Rosso Ammonitico, un calcare nodulare estratto dalle cave della Lessinia.
da sito www.venditamarmo.com

Adorna l'Arena,
Arena
le porte romane (Porta Borsari e Porta dei Leoni), i pavimenti di molti edifici e strade, oltre che sculture e chiese della città: è ricco di bellissime Ammoniti che appaiono durante una semplice passeggiata.

Ma non solo ammoniti.
Anche all'occhio non esperto si mostrano dietro ogni angolo sezioni di Echinidi, di Belemniti, come appena entrati a sinistra sul pavimento del Duomo. 
Nummuliti che arricchiscono il cosiddetto Tufo di Avesa (che tufo non è, altra semplificazione commerciale), trattandosi di Calcari Nummulitici dell' Eocene medio e inferiore, che costituiscono gran parte delle dorsali del territorio collinare veronese. La porzione inferiore della formazione è denominata “Pietra Gallina”, mentre quella superiore “Pietra d’Avesa” e adorna il pavimento del Mercato Vecchio o la facciata dell'Hotel Due Torri.
La città è un Museo geologico a cielo aperto.
il balcone di Giulietta e Romeo
Lo studio di questi materiali, che non sfigurerebbero in un qualsiasi Museo di Storia Naturale, ci permette anche di ricostruire la loro esatta provenienza dalle cave della regione, molte delle quali attive già in epoca romana.
Insomma, un'occasione "geologica" in più per visitare la splendida Verona ed abbinare, in questo periodo, l'evento legato al mondo del vino indubbiamente più prestigioso che si svolge nella nostra penisola.
uno spritz all'Arena
Per dovere di cronaca, quest'anno siamo in pausa, le foto del Vinitaly sono della passata edizione.

martedì 16 febbraio 2016

Lungo il corso del Tevere (prima parte): Vecchie Fornaci ed Antichi Forni.

Inauguriamo su Geologia e Cucina® una serie di post dedicati al Fiume Tevere, antica culla di civiltà.

Non possiamo immaginare il Tevere senza considerare il legame fra l’antico Flumen Albula e la città di Roma.  
Eppure verso nord, solo poco oltre Grande Raccordo Anulare, il paesaggio perde la fitta urbanizzazione e la presenza umana quasi si annulla, a sancire un distacco antropologico con il corso d’acqua. Le comunità hanno infatti privilegiato l’insediamento sulle colline circostanti, relegando al fiume un contesto marginale ed alla piana una destinazione per lo più agricola. 
Il Tevere accoglie il tributo mancino dall’Aniene all’altezza della via Salaria, dopo un percorso tutto appenninico, il terzo per lunghezza in Italia, tormentato e frequentemente interrotto da dighe ed invasi artificiali, che regolano i deflussi e ne governano le piene.
Per buona parte del suo corso percorre una ampia valle che, da punto di vista geologico, corrisponde ad un “graben” ovvero una depressione ribassata da fratture che ne segnano i bordi in modo quasi lineare. 
Il “graben del Paglia-Tevere" è orientato in direzione appenninica (da NW verso SE) e deve la sua origine alla distensione del bordo tirrenico, successivo al sollevamento della catena montuosa. dal tardo Pliocene inferiore,
Mappa schematica del Graben Paglia Tevere: a sinistra il PaleoTevere (da Mancini et alii. cit.)

L’antico corso del fiume, il “Paleo-Tevere”, solcava la pianura in una posizione completamente diversa da quella attuale, prima che gli sbarramenti e le deviazioni provocate dalle colate piroclastiche del Vulcano Sabatino e dei Colli Albani ne deviassero il percorso:  fino a circa 600 mila anni fa, il Lungotevere si sarebbe percorso molto più ad Ovest. La mappa qui proposta è una rappresentazione schematica della antica geomorfologia del corso tiberino.

Oggi, per lunghi tratti, la piana del Tevere è un vero e proprio “corridoio” di ferrovie, strade ed autostrade che, favorite dalla morfologia, incidono a più riprese i terrazzi fluviali formati dall’incessante azione di deposito e scavo del corso d’acqua .
Monterotondo, con i suo 40.000 abitanti a soli 25 km da Roma, è connesso sinergicamente alla via Salaria, alla linea ferroviaria ed all’Autostrada A1. Seppure la cittadina sia insediata storicamente sulle colline prospicienti il Tevere, deve una grossa parte dello sviluppo urbanistico del secolo scorso proprio alla geologia della piana tiberina.
Il Tevere nei pressi di Monterotondo in sponda sinistra (@Geologia e Cucina)
Una disponibilità significativa di argilla come materia prima, connessa ad ampi spazi per collocare gli impianti a ridosso dei siti estrattivi oltre che collegamenti accessibili a strade e ferrovie, furono le condizioni per la nascita di un estesi insediamenti industriali legati al comparto dei laterizi. 
Via delle Fornaci (@Geologia e Cucina)
Sorsero ovunque cave, impianti e fornaci: la stessa toponomastica che si legge ancora oggi, deriva dalla presenza di un grande polo produttivo, a ridosso della ferrovia storica Roma-Firenze ed al confine con il comune di Roma.  
La crescita fu rapidissima ed ebbe il massimo sviluppo nel dopoguerra con il boom del mattone romano. A partire dalla crisi petrolifera degli anni’70 impianti e cave ridussero le attività fino a fermare la produzione in modo definitivo. Alcuni impianti continuano la loro produzione e la coltivazione all'interno delle argille grigie e giallastre, più sabbiose, che formano le colline e che, come accertato dagli studi geologici condotti in passato, costituiscono una importante testimonianza del passaggio tra Pliocene e Pleistocene nella Valle del Tevere (Carboni, Conti - 1977). 
Fronti di cava attiva (@Geologia e Cucina)

La storia di oggi è quella che si presenta ai nostri occhi di visitatori: aree ancora produttive si alternano a siti totalmente dismessi, con impianti in rapido degrado. La bassa permeabilità delle formazioni coltivate ha determinato un progressivo colmamento delle cave in disuso, riempite da effimeri laghetti o peggio da materiali di incerta provenienza. 
In due vecchie cave, utilizzate già in epoca antecedente alla seconda guerra mondiale dalla società Lateritalia, alcune condizioni sito specifiche hanno permesso la formazione di “laghetti rigogliosi di vita e di biodiversità”, come ci raccontano gli attivisti dell’Associazione XNatura sul loro sito.  Anche oggi, nel  corso del sopralluogo effettuato a gennaio, oltre la torre dell’antico stabilimento di mattoni, si possono osservare numerose specie di uccelli ed un ambiente ricco di vegetazione, seppure turbato da alcuni esempi di inciviltà come l’abbandono incontrollato dei rifiuti. 
Avifauna nei Laghetti dello Scalo ed antico stabilimento Lateritalia (@Geologia e Cucina)
La battaglia condotta per la tutela di questa area umida ha portato nell’ottobre del 2013 il Consiglio Comunale di Monterotondo a deliberare la richiesta di tutela e la valorizzazione dell’ “area naturalistica dei laghetti di Monterotondo Scalo” ai sensi della direttiva Habitat.

Non è una coincidenza che proprio di fronte ai 10 ettari della Vecchia Fornace Mariani, nei pressi della Stazione ferroviaria di Monterotondo, sorga uno dei più Antichi Forni tradizionali della città eretina: il Forno Alimentari Cavalli 1882. Al titolare (sotto in foto) parliamo del nostro progetto, che vuole raccontare un territorio attraverso il rapporto, anche insolito, tra la Geologia e la Cucina. 
Forno Cavalli anni '50 - dal sito.
"La zona dello Scalo" così viene definito l'insediamento nei pressi della stazione "è stata da sempre terra di emigrazione, di manodopera specializzata che veniva a lavorare alle Fornaci. Persone che sono passate per la nostra bottega di generazione in generazione. Agli operai della Fornace Mariani, qui di fronte, mio padre passava agli operai in turno i panini attraverso i cancelli.
Il nostro Forno (ci mostra la foto "storica di famiglia" qui ripresa) è stato completamente ricostruito dopo il bombardamento di Monterotondo del 1943. Era un classico Emporio adatto ad una piccola cittadina, mentre oggi siamo passati ad una maggiore ricerca della qualità da proporre. Il mio interesse è scovare i produttori che esaltano il rapporto qualitativo della loro materia prima con la lavorazione artigianale.
Per i salumi, il terreno di caccia è la Toscana, l'alto reatino e le vicine Marche. Giudico alcuni prodotti inarrivabili".
Peppe Cavalli (@Geologia e Cucina)
Il negozio, a dire il vero, sembra un luogo fuori dal tempo. Insegne e scaffalature che sanno di antico, affilatissime Berkel a volano, ovunque i segni della tradizione. Nel retro bottega, il Forno.
"Produciamo tutte le tipologie di pane e alcuni dolci della tradizione locale, con grande attenzione alla scelta ed all'utilizzo di farine selezionate, come quelle macinate a pietra da una vicina azienda agricola di Capena. Molte persone non comprendono come siano le farine a determinare la qualità della lievitazione, ad un costo di pochi centesimi superiore rispetto ai prodotti comuni della grande distribuzione".
Una attenta selezione è dedicata anche ai vini ed alle birre artigianali. 
- Hai qualche aneddoto legato al territorio ed in particolare al Tevere? chiediamo. "Ho una immagine in una foto durante una delle frequenti alluvioni del dopoguerra, con una serie di barche parcheggiate in fila lungo la ferrovia di persone che venivano a fare la spesa in negozio. Se la trovo ve la invio".
E per noi sarà un piacere pubblicarla.



Le Fornaci dismesse che costellano la via Salaria sono splendidi esempi di archeologia industriale, in attesa di riqualificazione e valorizzazione. Si tratta di un patrimonio di immenso valore sociale. Se siete in transito sulla Via Salaria armatevi di macchina fotografica e di un buon teleobiettivo per qualche scatto geo-naturalistico e post industriale, senza mancare una sosta gastronomica ed inviateci le vostre emozioni.

# Bibliografia essenziale.

-Mancini, Girotti, Cavinato "IL PLIOCENE E IL QUATERNARIO DELLA MEDIA VALLE DEL TEVERE (APPENNINO CENTRALE)" Geologica Romana 37 (2003-2004), 175-236
-Carboni, Conti "LE ASSOCIAZIONI FAUNISTICHE TARDO CENOZOICHE DI VALLE RICCA (MONTEROTONDO, ROMA) E LE LORO IMPLICAZIONI BIOSTRATIGRAFICHE" Geologica Romana 16 (1977), 1-19