Visualizzazione post con etichetta territorio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta territorio. Mostra tutti i post

mercoledì 6 luglio 2016

Mettere in valigia Le Parole della Terra.


In queste torride giornate estive, si cerca refrigerio ovunque e più che mai nel pensiero di una prossima vacanza rigeneratrice.
Mare, montagna, collina non importa: la parola d'ordine è rilassarsi per qualche giorno e, soprattutto, ricaricare le batterie quasi esauste per ripartire alla grande.
In questi mesi con il nostro blog abbiamo cercato di raccogliere curiosità e raccontare territori, con un stimolo alla visita ed alla scoperta, coniugando tutto quello che è racchiuso nelle parole chiave "Geologia e Cucina".
Speriamo di essere riusciti ad invogliare i nostri lettori vacanzieri a scendere nelle viscere di Napoli, comprare una pietra coti di passaggio in Val Seriana, a fuggire dalla calura della Capitale, visitando il reatino, salendo sul Monte Soratte o perdendosi tra i vicoli di Sant'Angelo Romano; per gli esterofili incalliti, risalire alla sorgente degli stili birrari "europei", anche nella Gran Bretagna post Brexit.


Ma il compagno di ogni vacanza, fedele e fidato, che non può mancare in ogni valigia in preparazione, tra uno robusto scarpone da trekking o un colorato pareo marino, non può essere che lui: un buon libro
Cartaceo, possibilmente. 
Dopo esserci cibati di tecnologia social, alla ricerca del riflesso giusto e con gli occhi convergenti su uno schermo a 5 pollici, delego alla mia estate anche un riposo oculare, riacquistando le sensazioni tattili della tecnica...tipografica. 
A costo di un piccolo sacrificio, per peso e dimensioni, sullo spazio in bagaglio.


Ho scovato questo volumetto stampato nel 2003, oserei dire questo "tesoro" in un mercatino. L'ho letto, riletto, triletto. Ogni tanto lo apro a caso e ne scorro poche righe e faccio sempre la stessa considerazione: come ha fatto a privarsene chi lo ha messo in vendita su una bancarella di provincia ?
Le Parole della Terra - manuale per enodissidenti e gastroribelli di Luigi Veronelli e Paulo Echaurren ed. Stampa Alternativa va comprato, o preso in prestito da un amico e messo in valigia.
Se proprio non lo trovate acquistate l'ebook, forzando le regole appena scritte.
E' la riproposta, sotto forma di dialogo tra i due autori, dei due anni di collaborazione che Veronelli ebbe con il settimanale Carta di cui curò la rubrica, appunto, Le Parole della Terra.

Luigi Veronelli (en.wikipedia.org)
La mia soperta di Veronelli è tardiva, forse troppo tardiva, con la sensazione di aver passato parte della mia adolescenza leggendo giornalini e ascoltando Furia cavallo del West mentre, poco metri più in là, si scriveva la storia: un po' come essere vissuti negli anni '60 senza aver ascoltato The Beatles.
Veronelli in realtà lo vedevo in TV, in un bianco e nero pre-serale, quando la televisione bicanale ti avvertiva con un triangolino bianco lampeggiante che stava per iniziare un nuovo programma sull'altra rete e io, da "bambino-telecomando", mi alzavo a girare la manopola del pesantissimo schermo catodico. Era un programma antesignano di tutto ciò che oggi circola in materia sull'etere, dalle piattaforme digitali a quelle satellitari: A Tavola alle 7, con Ave Ninchi; le puntate ancora visibili su YouTube sono bellissime.

A Tavola alle 7 (www.youtube.com) 
Io Veronelli non lo capivo. Sebbene ne rimanessi affascinato, non lo capivo neppure quando sbirciavo la rubrica Il Buon Vino, che teneva sul settimanale Panorama, sempre nello stesso periodo, a cui mio padre era abbonato.
Ma ero giustificato, perché di anni ne avevo 7.
Solo ora, a oltre 10 anni dalla sua scomparsa, comprendo che figura rivoluzionaria quest'uomo ha rappresentato non solo nel mondo della enogastronomia, ma della cultura italiana. 
Indubbio protagonista delle battaglie per preservare la diversità nel campo della produzione agricola ed alimentare, valore assoluto e manifesto di tutto quello che oggi sembra essere il "vessillo", un po' modaiolo, della riscoperta dell'agroalimentare di qualità, del "naturale", del biologico, del libero dalla chimica.


Le Parole della Terra racconta tutto questo, del vero rapporto tra i Prodotti ed il Territorio, il Paesaggio, l'Agricoltura, gli Uomini, la Cucina, la Geologia. 
Concedetemelo: tutto maiuscolo.
E' l'esaltazione enciclopedica e nel ritmo un po' futuristica, delle Pennate di Agerola, delle Curàcc di Barghe, della Passagrassana di Bosia, delle Spadone di Castel Madama, delle Calvisio di Finale Ligure, della Madernassa di Govone, delle Moscarelle di Palata e delle Alexander di Termeno.
Tutte tipologie di Pera, che sfido a trovare nell'omologazione di un qualunque supermercato odierno. 

-------

Perché non ci offrono gli strumenti idonei per andare a ritroso nella catena produttiva e distributiva, per risalire alla fattoria, alla stalla, al tipo di bestiame? Poter appurare per esempio se per quella certa forma di grana sia stato utilizzato il latte della mitica vacca rossa come ci hanno tramandato i vecchi e, testardamente, si continua a fare a Coviolo e da qualche altro eroico casaro restio a svendere il proprio patrimonio genetico alle lusinghe delle banche e della convenienza.

Infatti il latte generalmente impiegato proviene dalle mammelle della mucca bianca (così si dice da queste bande), ovvero della frisona, della pezzata, dell'olandese, il quale, essendo il doppio come quantità prodotta per capo, è certamente meno potente, più confacente all'incremento dell'investimento, all'allevamento su vasta scala ma con un effetto fotocopia rispetto all'originale.

Nel reggiano c'è gente che non dimentica, che battezzava i propri figli col lambrusco per contestare le usanze pretesche, gente fiera, che conserva la memoria della cucina rosso nera (nel senso dell'anarchia), delle osterie senz'oste (prendi secondo necessità, paghi secondo possibilità, con onestà), dei liquori proletari.

Anche la vacca rossa (di nome e di fatto) farebbe la sua porca figura in apertura del nostro corteo.

(tratto da Le Parole della Terra - manuale per enodissidenti e gastroribelli di Luigi Veronelli e Paulo Echaurren ed. Stampa Alternativa, 2003)









martedì 1 marzo 2016

Fiumi di birra con l'acqua del Sindaco

La bellezza di un viaggio che dal mondo del Vino conduce a quello della Birra artigianale è che non si tratta di un percorso di sola andata. Anzi, il vero appassionato mantiene la doppia cittadinanza ed il piacere edonistico che risiede in entrambe le bevande, nel loro abbinamento ad un cibo o nella degustazione assoluta, quella che io definisco “l'abbinamento al cristallo”.
In questo viaggio tuttavia, una delle cose che mi ha inizialmente disorientato è stata l'apparente assenza di un legame tra la Birra ed il territorio, che costituisce invece uno degli assiomi portanti del rapporto tra vino e luoghi di origine.
Nella viticoltura infatti, le caratteristiche pedologiche, geologiche e climatiche di una regione influenzano fortemente il profilo organolettico della bevanda, al netto delle attività di cantina.
Per la Birra si deve tenere conto di fattori completamente diversi, ognuno dei quali possiede un numero significativo di variabili. Primi fra tutti gli ingredienti di base che sono ben quattro (acqua, malto, luppolo e lieviti), ma non secondaria è l'attività del Mastro Birraio, le cui scelte determinano la personalizzazione del prodotto finale e l’aderenza ad uno stile birrario di riferimento. Lo stile è quell'insieme delle caratteristiche organolettiche, di origine e di produzione, che permettono di classificare la Birra all'interno di una categoria ben riconoscibile: ne esistono alcuni molto comuni (chi non ha mai sentito parlare di Pils o Weiss), ma in una delle sue recenti pubblicazioni (2015) l'organizzazione internazionale di riferimento, il Beer Judge Certification Program, ne raccoglie da tutto il mondo un elenco di ben 93 pagine !

Per deformazione professionale, mi sono velocemente appassionato al tema della "territorializzazione" delle Birre scoprendo che, anche questa volta, la Geologia ha una grandissima parte di responsabilità nel rapporto tra la bevanda e la sua zona "storica" di origine. In questo caso il comune denominatore è sicuramente rappresentato dall'acqua, che non dimentichiamo costituisce il 90-95% della bevanda, e dalle sue caratteristiche geochimiche, che influenzano la qualità organolettica del prodotto e lo sviluppo di un stile in un'area del globo ben definita.
Tra quanto trovato in rete è stato possibile raccoglie alcune "Carte di Identità" delle acque di siti e di città che rappresentano il riferimento "assoluto" per la produzione di una determinata tipologia birraria, comprendendo tra queste anche alcuni Monasteri Trappisti (valori in ppm).

CITTA’
Pizen
Monaco
Dublino
Vienna
London
Chimay
Burton Upon Trent
Orval
West
Flanders
Dortmund
CITTA’
Ca2+
7
75
115
200
90
70
275
96
114
250

Mg2+
2
20
4
60
5
7
40
4
10
25

Na+
2
10
4
8
15
7
25
5
125
70

SO42-
5
10
55
125
40
21
450
25
145
280

HCO3-
15
200
200
120
125
216
260
287
370
550

Cl-
5
2
19
12
20
21
35
13
139
100

STILE
Pils
Munich
Bock
Stout Porter
Vienna
PorterStout
Trap
IPA
Trap
Sour
Dortmunder
STILE

Si tratta ovviamente di tabelle di riferimento, ma utili per alcune considerazioni, ben note agli Homebrewers ed agli appassionati.
Per le Birre in stile anglosassone, l'acqua estremamente dura con l'alta concentrazione di solfato e magnesio, come nella cittadina di Burton Upon Trent (considerata la patria dello stile) enfatizza il ruolo del luppolo, tipico delle English bitter e delle Pale.
Le acque leggere e dolci della ceca Plezn hanno conferito un carattere estremamente distinguibile alle chiare Pils.
A Londra, a Dublino e a Monaco l'alta concentrazione di bicarbonato è utile a bilanciare le proprietà acide dei malti scuri e tostati usati per Porter, Stout e Bock.
Per poter produrre una Birra aderente allo stile, si devono quindi effettuare delle vere e proprie correzioni e trattamenti di quanto si ha a disposizione. Per avere notizie sulla qualità, i gestori mettono a disposizione le analisi chimiche qualitative all'atto della immissione nella rete acquedottistica.


Roma, che fin da epoca antica viene alimentata da sorgenti, bere l'acqua del Sindaco è il modo gergale ed affettuoso di identificare l'acqua potabile che sgorga dai rubinetti casalinghi. La città mette a disposizione una fitta rete di punti di prelievo pubblici, i cosiddetti "nasoni", le fontanelle che distribuiscono acqua potabile e gratuita, così chiamati per la caratterista parte curva della canna in ferro.
Oggi sono oltre 2.500 e l'Acea, ex azienda municipalizzata, in occasione dei suoi 100 anni ha realizzato nel 2009 una mappa che consente di scovare i "nasoni" presenti nel centro storico della città. Con essa ha pubblicato una carta di identità dell'acqua distribuita e delle sue caratteristiche qualitative medie.


Roma e Fiumicino sono servite da 4 sistemi di approvvigionamento, emunti con continuità da:
– Sorgenti del Peschiera – Capore situate nell’Appennino Centrale nell’Alta e Media Sabina;
– Sorgenti dell’Acqua Marcia situate nella valle dell’Aniene, nella zona tra Subiaco ed Anticoli Corrado, con eventuale immissione della sorgente di Acquoria all’altezza di Tivoli;
– Fonti di approvvigionamento Appio Alessandrino, che comprende i pozzi di Finocchio, di Torre Angela e di Pantano Borghese, situati nella zona Est della Provincia di Roma;
– Sorgenti dell’acquedotto Nuovo Vergine, situate a Roma in Località Salone.

Attraverso questo sito, sempre ACEA permette di acquisire maggior dettaglio sulla  qualità delle acque in tutta l'Area Metropolitana di Roma Capitale, con una semplice ricerca su mappa, come quella qui sotto.



A disposizione di appassionati hombrewers un utile strumento per orientare la propria produzione casalinga che, anche questa volta, mette in stretta relazione le caratteristiche geologiche del nostro territorio con uno dei molteplici aspetti del mondo della cucina e della birra in particolare.



# Bibliografia essenziale
- IL TRATTAMENTO DELL'ACQUA NELLA PRODUZIONE DELLA BIRRA, 2014 da http://www.makebeer.it/trattamento_acqua/
- Beer Judge Certification Program "BEER STYLE GUIDELINES 2015"