mercoledì 20 luglio 2016

Paesaggi di pietra: le Cinque Terre.


Poche aree in Italia evocano un complesso di suggestioni come le Cinque Terre.
Potremmo definirle l'archetipo del nostro blog, un luogo dove tutto si fonde. La geologia straordinaria e complessa, i fenomeni geomorfologici estremi, con una casistica variegata di eventi, anche catastrofici. 
Una straordinaria ricchezza in termini biodiversità, con tre Siti di Importanza Comunitaria terrestri ed uno marino, le Cinque Terre sono Parco Nazionale dal 1999, dopo essere state dichiarate nel 1997 Patrimonio dell'Umanità Unesco e, sempre in quello stesso anno, Area Marina Protetta.


Carta Geologica d'Italia scala 1:100.000 Foglio 95 "La Spezia" - www.isprambiente.gov.it/
http://193.206.192.231/carta_geologica_italia/tavoletta.php?foglio=95
Limitiamoci alle ulteriori suggestioni di tutto quello che è Cucina, gastronomia, prodotto tipico in qualche modo legato ai luoghi, alle forme, alla Geologia che caratterizza questo primo lembo di Ligura proveniente da Levante, con due elementi sempre presenti: la Terra ed il Mare.
Basta solo un elenco di nomi, simbolo di un rapporto indissolubile tra persone, cultura e territorialità: Agrumi, Pesto, Olio extravergine di oliva, Acciughe salate di Monterosso, Vino; tutti argomenti che meriterebbero un post di approfondimento.
E poi agricoltura estrema, dove l'uomo strappa brandelli di terreno con pendenze al limite delle vertigini, rendendoli coltivabili con una tecnica antica, quella dei muretti a secco: il paesaggio di pietra, appunto.


Le Cinque Terre prendono il nome proprio dai Borghi incastonati nelle ripide rocce che, tra Punta Mesco e Punta di Montenerone, ne formano la struttura da milioni di anni: Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore.
La Geologia di questi luoghi, come detto, è particolarmente complessa: siamo nel pieno scontro tra la placca europea ed il promontorio settentrionale della placca africana, in una zona dove le rocce più antiche del fondo oceanico in corso di chiusura, si sollevano e si accavallano ed incorporano unità prodotte dallo scollamento di parte della copertura sedimentaria della placca Adria.
Le rocce più recenti che affiorano sono quelle della "serie toscana" dell'Oligocene, tra cui ricordiamo il cosiddetto Macigno, una arenaria torbiditica, formata cioè dai depositi che provenivano dai materiali smantellati dalle catene rocciose in corso di sollevamento, confluiti in flussi incanalati verso le aree di sedimentazione.


Come dicevamo una delle particolarità più affascinanti di queste zone è il paesaggio agricolo: ettari ed ettari di territorio dal livello del mare fino a 500 metri in quota pazientemente destinato, nei secoli, ad accogliere muretti in pietra e retrostanti terrazze colmate di terreno adatto alla coltivazione. 
Per dare una idea di come questo paesaggio cosi affascinate sia in realtà frutto della completa trasformazione da parte dell'uomo, basti pensare ai dati: da alcuni studi sono vengono ipotizzati 4.200 metri cubi di muri costruiti per creare una superficie terrazzata, che nei secoli ha raggiunto i 2.000 ettari, con circa 8 milioni e mezzo di metri cubi di pietrame impiegato.
Oggi questo patrimonio appare in tutto il suo delicato equilibrio, legato alla continua necessità di manutenzione ed alla fragilità intrinseca di queste zone spesso interessate, anche per la loro collocazione geografica, da fenomeni meteorologici particolarmente intensi.  



E' incredibile come anche in questo caso sussista un legame strettissimo tra la struttura geologica di questo tratto di penisola e i prodotti del territorio, specie quelli agroalimentari che arricchiscono le nostre cucine di sapori e profumi. Proprio uno studio sui muri in pietra realizzato dall'Ente Parco (scaricabile qui in pdf) e sulle tecniche necessarie per la loro conservazione ha fatto emergere come ad ogni tratto geologicamente omogeneo delle Cinque Terre corrisponda una tecnica di realizzazione dei muri e una tipologia di coltivazione connessa.
E' importante osservare come la maggior parte del materiale utilizzato provenga dalle rocce in posto, spesso dal dissodamento dei terreni e, nel caso di litologie non idonee, da piccole cave di prestito presenti in zona.



E cosi si scopre che nel settore orientale del Parco il substrato roccioso (Macigno) ha favorito la costruzione di muretti a secco con la pietra locale, mentre nell'area centrale la prevalenza di litologie argillose ha determinato l'approvvigionamento da alcune cave di prestito. Discorso a parte il territorio di Monterosso, molto eterogeneo e caratterizzato da mutevole variabilità delle rocce utilizzate per la costruzione, dalle arenarie fino alle rocce metamorfiche molto compatte originatesi dai fondali oceanici. Molte vole si trovano elementi che hanno subito alcuni rimaneggiamenti e che provengono da depositi di spiaggia, erosi dall'azione delle acque marine.


I muretti a secco (realizzati senza legante) sono molto presenti nelle aree vitate, mentre nelle zone interessate da agrumeti sono sviluppati terrazzamenti con muri in pietra legati con malta di calce, che raggiungono altezze più elevate (anche nell'ordine dei 4-5 metri) e consentono una sistemazione pianeggiante del terreno alle spalle (clan in dialetto).
In questo modo era più agevole la coltivazione degli agrumi soprattutto in relazione alle modalità di irrigazione che nel passato erano attuate “a scorrimento” attraverso la realizzazione di piccoli solchi mediante i quali le acque venivano convogliate dalle vasche di raccolta verso ogni singola pianta.

Anche questo tratto di penisola italiana merita un approfondito viaggio.


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