mercoledì 22 giugno 2016

Laghidivini 24-26 giugno 2016


Manifestazioni come quella di LAGHIDIVINI raccolgono in pieno lo spirito del nostro blog.
Raccontare un territorio "dal territorio", rappresenta una ennesima conferma di come ci sia una legame inscindibile tra le caratteristiche di un luogo e le eccellenze che vi si producono.
Quello in programma dal 24 al 26 giugno è il festival dedicato alle produzioni vinicole nei dintorni dei laghi italiani e giunge alla IX edizione, che si terrà ancora a Bracciano, spostandosi dal centro storico alle sponde dell'omonimo lago.

Si parlerà di territori, con un programma piuttosto fitto.
Proprio con il sottotitolo “Comunicare i territori” si trasmette l'esigenza di rafforzare il legame tra vino e territorio lacustre. Il festival si terrà nella sede del Consorzio lago di Bracciano, partner dell’iniziativa. L’evento vede il patrocinio dell’ARSIAL- Regione Lazio, del Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano e della Federalberghi Roma.

Il Bacino di Bracciano occupa l'antica caldera, sprofondata per lo svuotamento della camera magmatica del complesso vulcanico sabatino, uno dei vulcani laziali dell'area tirrenica più estesi e di antica origine, risalente a circa 600.000 anni fa
I primi centri di emissione, prevalentemente di tipo esplosivo, sono stati identificati nell'area di Morlupo, molto ad est dell'area lacustre; in contemporanea si è impostato il grande centro eruttivo di Sacrofano, attivo per oltre 200.000 anni.
L'attività del complesso si è esaurita circa 40.000 anni fa, con i centri di Martignano e Stracciacappa.

Carta Geologica d'Italia scala 1:100.000 - Foglio 143 Bracciano
(ISPRA - http://193.206.192.231/carta_geologica_italia/tavoletta.php?foglio=143)
Una curiosità è rappresentata dal fatto che l'acqua del Lago di Bracciano sia stata utilizzata per uso idropotabile fin dei tempi storici. L'acqua giunge a Roma attraverso un antico acquedotto fatto costruire dall'imperatore Traiano e restaurato nel 1600 dal pontefice Paolo V e per questo chiamato "Acqua Paola" (una espressione ricorrente nel gergo romanesco): con un percorso di oltre 40 km consente un approvvigionamento di 80.000 mc al giorno.
Dopo un periodo di perturbazione negli anni '70 del secolo scorso, legato all'aumento indiscriminato degli scarichi ed ai prelievi non controllati, si iniziò una vasta azione di recupero in termini qualitativi della risorsa idrica, con la costruzione di collettori fognari ed il divieto alla navigazione ed all'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi.
La mostra dell'acquedotto proveniente dal Lago di Bracciano si trova sulla sommità del Gianicolo, ed è meglio noto come il "Fontanone".

Foto Di Jensens - Opera propria,
Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4595358
Numerosi i produttori di spicco presenti alle giornate ed ai banchi di assaggio.
La curatrice del Festival Laghidivini, Sandra Ianni, ci comunica che  "saranno oltre 160 le etichette presenti per rappresentare circa 30 laghi, dall’Alto Adige alla Sicilia, vini di aziende famose e piccole realtà di nicchia, che sarà possibile degustare, dalle ore 19.00 alle 24.00, in banchi d’assaggio ordinati per lago di provenienza con particolare focus sulle selezionate aziende delle realtà lacustri del Lazio. Il festival prevede, inoltre, convegni e workshop con qualificate presenze del mondo accademico, istituzionale, artistico ed imprenditoriale.
Ad aprire il festival il 24 giugno alle ore 19.00 il convegno “Comunicare i territori” con l’amministratore unico di Arsial dott. Antonio Rosati, interverranno tra gli altri il prof. Ernesto Di Renzo, antropologo alimentare, dell’Università Tor Vergata e il giornalista dott. Emanuele Perugini della piattaforma Lovinitaly.
A Laghidivini sarà possibile degustare prodotti tipici ed approfondire la conoscenza delle produzioni locali e della loro cucina, acquistare vini e cibi direttamente dai produttori e soprattutto di selezionati prodotti del Lazio e di presidio Slow Food per la biodiversità. L’Accademia del Gusto Tu Chef di Roma curerà, a bordo della motonave Sabazia, due appuntamenti, su prenotazione, dal titolo: “Crociera sensoriale”, ovvero serate dedicate al pesce lacustre ed ai piatti del territorio ed alla loro valorizzazione.
Ospite d’eccezione Hilde Soliani, poliedrica ed eclettica artista nonché “naso”, ovvero creatrice di profumi a livello internazionale che intratterrà i visitatori con “Crociera al buio”, una performance tra vini e profumi, per risvegliare i sensi e sollecitare le emozioni. Musica, degustazioni in riva al lago ed un percorso naturalistico guidato nei boschi limitrofi amplieranno l’offerta della kermesse. Tra gli eno-appassionati sempre grande attesa, in particolar modo per questa IX edizione – precisa ancora l’ideatrice del festival Sandra Ianni - che costituirà, tra l’altro, l’occasione per scoprire e degustare alcune produzioni vitivinicole monastiche mai degustate prima in Italia”. Si tratta, infatti, di un’anteprima assoluta in programma a Laghidivini 2016 dedicata alle produzioni vitivinicole biologiche della penisola Calcidica (Grecia) che vedrà anche la presenza dei coordinatori del “Progetto Monte Athos”, sostenuto dall’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, al convegno sulla cultura enogastronomica monastica della comunità ortodossa di Vatopedi, fissato per domenica 26 alle ore 20.00.


Al termine del festival la consueta assegnazione del Premio del pubblico Laghidivini, il riconoscimento attribuito al vino che ha ottenuto il maggior numero di preferenze durante il festival da parte dei visitatori. Un altro messaggio dell’evento da evidenziare è senz’altro quello volto a promuovere un bere consapevole, ovvero – come sottolinea l’associazione Epulae Bracciano organizzatrice dell’evento - un invito a bere il frutto della terra, prodotto nelle vicinanze dei laghi, nelle giuste dosi, per apprezzarlo appieno e godere di tutte le sue sfumature, nutrendosi anche della conoscenza e del valore culturale che il vino sottintende".

Un buon motivo per trascorrere il prossimo fine settimana sul meraviglioso specchio d'acqua del Lago di Bracciano.

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LAGHIDIVINI 2016 - IX edizione.
Lungolago Argenti, n.11 (ex-pontile degli inglesi) 24-26 giugno 2016.
L’ingresso alla manifestazione è gratuito, mentre per le degustazioni è necessario munirsi di apposito tagliando, previo contributo ed accredito al Punto Info.
L'immagine di apertura è tratta dal sito www.laghidivini.it

Laghidivini 24-26 giugno 2016


Manifestazioni come quella di LAGHIDIVINI raccolgono in pieno lo spirito del nostro blog.
Raccontare un territorio "dal territorio", rappresenta una ennesima conferma di come ci sia una legame inscindibile tra le caratteristiche di un luogo e le eccellenze che vi si producono.
Quello in programma dal 24 al 26 giugno è il festival dedicato alle produzioni vinicole nei dintorni dei laghi italiani e giunge alla IX edizione, che si terrà ancora a Bracciano, spostandosi dal centro storico alle sponde dell'omonimo lago.
Si parlerà di territori, con un programma piuttosto fitto.
Proprio con il sottotitolo “Comunicare i territori” si trasmette l'esigenza di rafforzare il legame tra vino e territorio lacustre. Il festival si terrà nella sede del Consorzio lago di Bracciano, partner dell’iniziativa. L’evento vede il patrocinio dell’ARSIAL- Regione Lazio, del Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano e della Federalberghi Roma.

Il Bacino di Bracciano occupa l'antica caldera, sprofondata per lo svuotamento della camera magmatica del complesso vulcanico sabatino, uno dei vulcani laziali dell'area tirrenica più estesi e di antica origine, risalente a circa 600.000 anni fa
I primi centri di emissione, prevalentemente di tipo esplosivo, sono stati identificati nell'area di Morlupo, molto ad est dell'area lacustre; in contemporanea si è impostato il grande centro eruttivo di Sacrofano, attivo per oltre 200.000 anni.
L'attività del complesso si è esaurita circa 40.000 anni fa, con i centri di Martignano e Stracciacappa.

Carta Geologica d'Italia scala 1:100.000 - Foglio 143 Bracciano
(ISPRA - http://193.206.192.231/carta_geologica_italia/tavoletta.php?foglio=143)
Una curiosità è rappresentata dal fatto che l'acqua del Lago di Bracciano sia stata utilizzata per uso idropotabile fin dei tempi storici. L'acqua giunge a Roma attraverso un antico acquedotto fatto costruire dall'imperatore Traiano e restaurato nel 1600 dal pontefice Paolo V e per questo chiamato "Acqua Paola" (una espressione ricorrente nel gergo romanesco): con un percorso di oltre 40 km consente un approvvigionamento di 80.000 mc al giorno.
Dopo un periodo di perturbazione negli anni '70 del secolo scorso, legato all'aumento indiscriminato degli scarichi ed ai prelievi non controllati, si iniziò una vasta azione di recupero in termini qualitativi della risorsa idrica, con la costruzione di collettori fognari ed il divieto alla navigazione ed all'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi.
La mostra dell'acquedotto proveniente dal Lago di Bracciano si trova sulla sommità del Gianicolo, ed è meglio noto come il "Fontanone".

Foto Di Jensens - Opera propria,
Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4595358
Numerosi i produttori di spicco presenti alle giornate ed ai banchi di assaggio.
La curatrice del Festival Laghidivini, Sandra Ianni, ci comunica che  "saranno oltre 160 le etichette presenti per rappresentare circa 30 laghi, dall’Alto Adige alla Sicilia, vini di aziende famose e piccole realtà di nicchia, che sarà possibile degustare, dalle ore 19.00 alle 24.00, in banchi d’assaggio ordinati per lago di provenienza con particolare focus sulle selezionate aziende delle realtà lacustri del Lazio. Il festival prevede, inoltre, convegni e workshop con qualificate presenze del mondo accademico, istituzionale, artistico ed imprenditoriale.
Ad aprire il festival il 24 giugno alle ore 19.00 il convegno “Comunicare i territori” con l’amministratore unico di Arsial dott. Antonio Rosati, interverranno tra gli altri il prof. Ernesto Di Renzo, antropologo alimentare, dell’Università Tor Vergata e il giornalista dott. Emanuele Perugini della piattaforma Lovinitaly.
A Laghidivini sarà possibile degustare prodotti tipici ed approfondire la conoscenza delle produzioni locali e della loro cucina, acquistare vini e cibi direttamente dai produttori e soprattutto di selezionati prodotti del Lazio e di presidio Slow Food per la biodiversità. L’Accademia del Gusto Tu Chef di Roma curerà, a bordo della motonave Sabazia, due appuntamenti, su prenotazione, dal titolo: “Crociera sensoriale”, ovvero serate dedicate al pesce lacustre ed ai piatti del territorio ed alla loro valorizzazione.
Ospite d’eccezione Hilde Soliani, poliedrica ed eclettica artista nonché “naso”, ovvero creatrice di profumi a livello internazionale che intratterrà i visitatori con “Crociera al buio”, una performance tra vini e profumi, per risvegliare i sensi e sollecitare le emozioni. Musica, degustazioni in riva al lago ed un percorso naturalistico guidato nei boschi limitrofi amplieranno l’offerta della kermesse. Tra gli eno-appassionati sempre grande attesa, in particolar modo per questa IX edizione – precisa ancora l’ideatrice del festival Sandra Ianni - che costituirà, tra l’altro, l’occasione per scoprire e degustare alcune produzioni vitivinicole monastiche mai degustate prima in Italia”. Si tratta, infatti, di un’anteprima assoluta in programma a Laghidivini 2016 dedicata alle produzioni vitivinicole biologiche della penisola Calcidica (Grecia) che vedrà anche la presenza dei coordinatori del “Progetto Monte Athos”, sostenuto dall’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, al convegno sulla cultura enogastronomica monastica della comunità ortodossa di Vatopedi, fissato per domenica 26 alle ore 20.00.


Al termine del festival la consueta assegnazione del Premio del pubblico Laghidivini, il riconoscimento attribuito al vino che ha ottenuto il maggior numero di preferenze durante il festival da parte dei visitatori. Un altro messaggio dell’evento da evidenziare è senz’altro quello volto a promuovere un bere consapevole, ovvero – come sottolinea l’associazione Epulae Bracciano organizzatrice dell’evento - un invito a bere il frutto della terra, prodotto nelle vicinanze dei laghi, nelle giuste dosi, per apprezzarlo appieno e godere di tutte le sue sfumature, nutrendosi anche della conoscenza e del valore culturale che il vino sottintende".

Un buon motivo per trascorrere il prossimo fine settimana sul meraviglioso specchio d'acqua del Lago di Bracciano.

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LAGHIDIVINI 2016 - IX edizione.
Lungolago Argenti, n.11 (ex-pontile degli inglesi) 24-26 giugno 2016.
L’ingresso alla manifestazione è gratuito, mentre per le degustazioni è necessario munirsi di apposito tagliando, previo contributo ed accredito al Punto Info.
L'immagine di apertura è tratta dal sito www.laghidivini.it

mercoledì 15 giugno 2016

Gioielli dietro l'angolo: il Museo di Casal de' Pazzi...a cena.


Il merito di installazioni museali come quelle di Casal de' Pazzi è quello di far avvicinare, con estrema facilità divulgativa, alle ricchezze inaspettate che abbiamo sotto i nostri piedi.
Ci troviamo nella periferia romana ad est, interessata negli ultimi decenni da una fortissima antropizzazione. Il quartiere prende il nome dal Casale nel quale abitò l'omonima famiglia rinascimentale, con aggiunte architettoniche nei successivi secoli,
Proprio in occasione degli scavi realizzati nel 1981 per le opere di urbanizzazione, fu rinvenuto un importantissimo sito risalente al Pleistocene medio, di ambiente fluviale.
Nel letto di un antico corso d'acqua vennero rinvenuti, nei 5 anni di scavi che seguirono il rinvenimento, ben 2200 resti ossei, 1.700 reperti litici e il frammento di un cranio umano, 
Si tratta quindi di un deposito, generato dall'azione di accumulo del corso d'acqua, di enorme importanza nella ricostruzione paleogeografica del Pleistocene e risulta, al momento, l'unico di età paleolitica scavato in modo sistematico nell'area urbana di Roma.

A partire dal 1800 nell'ambito cittadino avvennero numerose scoperte nel campo paleontologico legate proprio agli scavi in aree su cui sono sorte nuove strade ed interi quartieri; Ponte Mammolo, Monte delle Gioie, Sedia del Diavolo, Saccopastore sono nomi forse noti ai soli addetti ai lavori. Si tratta comunque di giacimenti totalmente scomparsi, obliterati dalla fitta edificazione.
Casal de' Pazzi resta l'unica testimonianza fruibile di questa antica campagna romana.


Notizie di carattere scientifico, che testimoniano dell'importanza del sito, sono ben descritte sulla pagina web del Museo. Particolarmente interessante questa "promiscuità" tra resti umani e resti animali di specie non più presenti nell'areale della nostra penisola.

"Il sito, situato sulla riva destra dell’Aniene, ad una quota di 32 m s.l.m., era caratterizzato da strati di ghiaie e sabbie piroclastiche (cioè originate rocce di origine vulcanica) in cui sono furono rinvenuti, con distribuzione non uniforme, industria litica e ossa fossiliLe ossa appartenevano soprattutto a grandi mammiferi (in particolare Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, Hippopotamus amphibius, Bos primigenius, Cervus elaphus, Dicerorhinus sp.) e uccelli acquatici. Nel livello più basso, quasi sul fondo del bacino fluviale, fu rinvenuto un frammento di parietale umano.
Nell’ampio deposito furono asportati i riempimenti che riempivano l’alveo fino ad arrivare ad una delle rive del fiume. Una barriera naturale formata dal substrato di 'tufo litoide', roccia prodotta dal Vulcano Albano circa 360.000 anni fa, arrotondata poi dalle acque, aveva determinato un accumulo di resti faunistici di grandi dimensioni in un punto specifico del percorso fluviale, in particolare erano rimaste incastrate, tra le scogliere e i blocchi di tufo, zanne e ossa di Elephas. Nella parte più bassa del letto del fiume erano poi concentrati grandi blocchi trascinati dalla corrente, mentre le sponde erano più libere.
Lo spessore del deposito superava, al centro dell’alveo, oltre due metri e progressivamente diminuiva, fino a scomparire, in corrispondenza delle sponde. Di conseguenza, nelle aree marginali diminuiva anche la concentrazione di resti faunistici, in particolare quelli di grande taglia.
Sia per numero di ritrovamenti che per la loro dimensione, la specie animale che è diventata poi simbolo del sito, è l’Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, rappresentato soprattutto dai resti di zanne (25 intere e una cinquantina frammentarie), ma anche da molari (60 interi, 120 frammentari), da frammenti di bacino e cranio e da ossa lunghe.
L’abbondante industria litica rinvenuta è quasi tutta ricavata da ciottoli di selce, sia proveniente dallo stesso deposito fluviale che da affioramenti lontani fino a 50 km dal sito.Sono rappresentati molti strumenti diversi, ma in maggioranza si tratta di strumenti tipici del Paleolitico medio, quali raschiatoi, denticolati, intaccature".
La visita, inferiore all'ora, è supportata da tecnologie multimediali e pannelli esplicativi che ricostruiscono l'antica geografia dei luoghi, anche con l'ausilio di filmati e simulazioni. All'esterno un giardino curato con specie presenti in epoca preistorica accoglie i visitatori mentre all'interno è allestita una mostra dei principali rinvenimenti, adiacente la struttura che ospita la musealizzazione di circa 400 metri quadri del giacimento originario 



A questo punto qualcuno si chiederà “E cosa c’entra un  museo paleontologico con la cucina?”Le  risposte sarebbero tante, ne scegliamo una perché nessuno, finora, aveva pensato di proporre una cena preistorica. Lo ha fatto il Museo di Casal de’ Pazzi, a conclusione  della cinque giorni di “Preistoria del cibo" L’alimentazione nella  preistoria e nella protostoria”, organizzati dall'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria nell'autunno scorso.
Tema principale  del convegno è stata l’alimentazione  umana “quando andavamo in giro coperti di pelli, quando costruivamo capanne su palafitte e inventavamo l’aratro, quando ci lanciavamo all'assalto con le spade di bronzo.”Tuttavia di proposte di cene a tema è  pieno il mondo del web e i temi sono i  più disparati, per i salutisti ci sono cene vegane, crudiste o vegetariane, per gli  archeologi e storici si va da quelle medievali, all'antica Roma o rinascimentali, poi quelle etniche con  cibi dei luoghi più disparati  dall'oriente all'occidente. Si è quindi trattato di un esperimento che ha visto fondersi  insieme, archeologia, geologia e cucina. Un pretesto per assaporare cibi arcaici per entrare  con la fantasia nelle usanze dei nostri  antenati.



Per una sera via Ciciliano (tipica strada della periferia romana, buia e poco frequentata, se non dai residenti), sede del museo, è stata illuminata  dal fuoco di un vero bivacco arcaico, che ha riempito l’aria di sapori ed odori sicuramente in parte  se non del tutto dimenticati.Lo staff del museo di Casal de’ Pazzi, aperto da meno di un anno, ha organizzato un evento diversificato: prima la visita accompagnata da filmati e  spiegazioni con giochi  multimediali e poi la cena pleistocenica, un vero salto nel tempo e nello spazio, quello di 200.000 anni fa, appunto, molto diverso da come noi moderni siamo abituati a vederlo.
Il menu della serata  prevedeva:


www.museocasaldepazzi.it
stinco di maiale cotto su pietra insalata di rucola, funghi e pera cartoccio di mandorle miele e frutti di bosco vere prelibatezze  pleistoceniche come ingredienti principali della cena preistorica. 
Unico ospite alieno, fuori tempo, il vino che ha comunque accompagnato i cibi. Sicuramente un’esperienza da ripetere nelle proprie  case e che ha  rappresentato  soprattutto un momento di apertura al territorio circostante che ha risposto positivamente all'iniziativa, a cui hanno aderito in  molti tra addetti ai lavori e cittadini che sono rimasti piacevolmente colpiti e che attendono un bis (anche noi lo attendiamo, avendolo perso). 



La scelta degli ingredienti è stata rigorosa, ad esempio, ovviamente, niente pomodori o melanzane  e solanacee  in genere  introdotte in Europa  dopo la scoperta dell’America.Inoltre i metodi di  preparazione  o cottura risentono della contaminazione con i giorni nostri. Si tratta quindi di una cena abbastanza raffinata e al tempo stesso facilmente riproducibile nelle proprie  cucine.Il menu di quella che è stata chiamata Pleistocena nasce dopo ricerche approfondite sulla alimentazione del Paleolitico, liberamente reinterpretata e adattata  al gusto odierno e  svolta attorno  a un focolare simile a quelli del passato.

Con l'occasione della visita è possibile anche ammirare il bellissimo dipinto dell'artista urbano Blu su un palazzo di sei piani in una via prossima al Museo, che racconta l'evoluzione/involuzione del nostro pianeta. Il murale è stato dipinto con il solo ausilio delle corde, senza impalcature 



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L’ingresso all'area pleistocenica di Casal de’ Pazzi è libero, previa prenotazione allo 060608. Il sito si aggiunge ai sette "piccoli musei" gratuiti che fanno parte del sistema dei Musei Civici romani: Museo Barracco, Villa di Massenzio, Museo delle Mura, Museo Bilotti, Museo Napoleonico e Museo Canonica a Villa Borghese, Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina.

mercoledì 8 giugno 2016

La via Salaria tra sorgenti, antiche chiese e fosse inaspettate.




Lo spirito dei nostri racconti è quello di stimolare la scoperta ed invitare, innanzitutto il lettore, alla visita di luoghi che è possibile raccontare solo limitatamente nello spazio di un post. Esistono, ad esempio, antiche vie che le odierne richieste di mobilità hanno trasformato in assi a rapido scorrimento: in questi casi intere aree e piccoli centri abitati, la cui micro-economia veniva sostenuta anche da fruitori di questi strade, specie nel comparto turistico, sono ora tagliate fuori da un frettoloso passaggio sulle quattro corsie di asfalto.
La Strada Statale Salaria non fa eccezione: numerose rettifiche e varianti ne velocizzano l'avvicinamento verso l'Adriatico, fonte di approvvigionamento dell'antico sale romano.


Più di un tratto merita un rallentamento, con la complicità degli autovelox fissi disseminati lungo il percorso: ad una ventina di km oltre Rieti, la prima sosta d'obbligo è quella della Piana di San Vittorino, tra il gruppo del Terminillo e quello del Velino, a poco più di 400 metri di quota s.l.m.. Si tratta di una delle aree maggiormente indagate dell'intero Lazio, per l'incredibile concentrazione di geodiversità racchiuse in poco più di 7 km quadrati. Siamo in un contesto ambientale unico, in un comprensorio costellato di sorgenti e canali, nonché dai corsi omonimi del Velino e del Peschiera.
L'intero ambito è anche un Sito di Interesse Comunitario, per la presenza di una eccezionale diversificazione di habitat, legati in gran parte all'ambiente acquatico.
La piana è caratterizzata da una importante circolazione idrica termominerale, sfruttata già in epoca antica (le Terme di Cotilia) con una significativa attività di emissione di gas, che dissemina la zona di un numero significativo di sorgenti, come ci testimonia l'immagine di apertura dei laghi termali.

La zona sotto l'aspetto geologico è molto complessa, in quanto è legata alla convergenza di diverse formazioni che la tettonica ha frammentato ed impilato: troviamo così calcari di antiche piattaforme coralline, sedimenti più fini dei bacini di mare aperto, torbiditi generate dal disfacimento delle catene montuose in formazione, terreni alluvionali più recenti che hanno colmato progressivamente la piana.
Senza entrare in un dettaglio accademico, ci limitiamo ad elencare i maggiori fenomeni oggi osservabili, che fanno proprio della Piana di San Vittorino un unicum dell'intera penisola.
Sul versante sinistro della pianura sono localizzate le sorgenti carsiche del Peschiera che, con una portata di quasi 20 metri cubi al secondo, risultano tra le maggiori in Europa e costituiscono una insostituibile fonte di approvvigionamento idropotabile per l'intera provincia di Roma, capitale compresa.
Questo particolare assetto geologico ha permesso la genesi di numerosi sprofondamenti del suolo, anche localizzati, noti come sinkhole. In uno di questi, proprio in corrispondenza di una curva della via Salaria, è finita una Chiesa del 1600.

L'ingresso della Chiesa di San Vittorino
Si tratta di un sito di incredibile suggestione, il cui fascino è aumentato anche da una certa pericolosità nell'accesso; il dinamismo del sottosuolo è testimoniato da un laghetto limpidissimo sul pavimento completamente scomparso, all'interno del quale si assiste ad una continua fuoriuscita di gas sotto forma di bolle. Particolare come uno dei principali episodi che generarono lo sprofondamento della Chiesa, sia legato ai grande terremoti appenninici del 1703, di cui abbiamo parlato anche in altri post.

La risorgiva all'interno della Chiesa di San Vittorino
I fenomeni geologici hanno determinato una grande influenza sugli elementi antropici introdotti nell'area da almeno sue secoli. Basti pensare alla modifica del corso del Fiume Velino che originariamente si snodava ai piedi del Monte Nuria e, a partire dal 1883, venne posizionato al centro della piana con alveo sospeso e rettificato, per evitare le frequenti alluvioni che generava. Anche la linea ferroviaria venne ripetutamente dislocata in posizione mediana per problematiche di dissesto, mentre la via Salaria subì solo piccole rettifiche perché fondata su rocce carbonatiche e non sui depositi alluvionali di colmamento, maggiormente soggetti a sprofondamenti.

Il Fiume Velino
Ma una delle scoperte più curiose, che ci ha ispirato immediatamente la connessione tra i due temi dominanti del nostro blog, l'abbiamo riscontrata con la visita al nostro amico Eugenio, uno tra gli infaticabili promotori di Gustovino, in occasione della annuale "apertura della fossa".
Questa tradizione famigliare, che si ripete da alcuni anni, diventa occasione conviviale che coinvolge il piccolo centro abitato di Ponte, frazione di Castel S.Angelo, posto alle propaggini orientali della piana di cui si è parlato, e consiste nella "riesumazione e consumazione" di alcuni formaggi posti ad affinare avvolti in teli, juta e paglia, al termine del periodo estivo, in una piccola cavità scavata nella roccia. La tecnica richiama la tradizione storica di stagionatura che ha nelle aree di Sogliano al Rubicone (FC) una delle loro massime espressioni organolettiche, conferendo ai formaggi sapori piccanti e tipici odori pungenti.



Senza scomodare questi "mostri sacri" dell'arte casearia italiana, tutelati dal marchio D.O.P. e simbolo ancora una volta dell'enorme patrimonio che offre la nostra penisola nel settore agroalimentare, ma visti gli incoraggianti risultati al nostro palato del formaggio pontese, ci siamo addentrati nelle verifiche in sito per scoprire che, proprio l'assetto geologico, rappresenta un'inaspettata convergenza tra il "microhabitat" che si crea nelle fosse di affinamento, per la presenza di terreni che appaiono sostanzialmente assimilabili per entrambi i siti.
Qui sotto le carte geologiche di Ponte di Castel S.Angelo e di Sogliano al Rubicone, ove affiorano i "Tufi", così dalla terminologia locale, in quanto pietre porose adatte al taglio e utilizzate spesso come materiale da costruzione: in realtà si tratta di litologie arenacee fortemente cementate.


Carta Geologica d'Italia 1:100.000 Foglio 139 "L'Aquila" e legenda
(http://193.206.192.231/carta_geologica_italia/tavoletta.php?foglio=139)

Carta Geologica d'Italia 1:100.000 Foglio 100 "Forli" e legenda
(http://193.206.192.231/carta_geologica_italia/tavoletta.php?foglio=100)


Se nei "tufi" della Val Marecchia si cela buona parte dei segreti delle fosse romagnole, nel "tufo" che affiora in modo esteso nei versanti lungo il corso del Velino sono state scavate le cavità dove per qualche mese hanno subito il processo di affinamento i formaggi che abbiamo degustato.

Litologia, genesi, terminologia, età assimilabile: un'incredibile coincidenza, non trovate ?


mercoledì 1 giugno 2016

Quando la lama si fa dura, le ceramiche iniziano a tagliare...

Non finiremo mai di descrivere la Geologia come una materia bellissima; forse per il ricordo un po' nostalgico degli anni universitari, sicuramente perché siamo tra i pochi fortunati ad "esercitarla" anche in ambiente lavorativo, a qualche decennio di distanza dalla Laurea. 

Da giovani matricole, il caleidoscopio di figure professionali è quasi disorientante: esiste il paleontologo, confratello del quaternarista, amico dello stratigrafo, ma distante un mondo dal mineralogista, che non ha nulla a che vedere con il geotecnico, affine all'applicato, lontano parente del geofisico e del rilevatore, cugino dell'idrogeologo e via così, in un elenco infinito. Tutti noi abbiamo scelto sicuramente in base alla passione.
Di certo, però, i geologi hanno avuto un ruolo storico più affine a quello dello scienziato puro: colui che interpretava i meccanismi di formazione delle rocce e dei rilievi attraverso teorie (a dire il vero anche piuttosto fantasiose) che ebbero, ma solo a partire dalla metà del XX secolo, una accelerazione quasi "rivoluzionaria", fino alle odierne ricostruzioni, complesse come quella in foto (da Treccani.it).


In Italia la materia ebbe illustri "padri costituenti", come Quintino Sella Presidente del primo Comitato Geologico istituito nel 1867 per volontà reale. Come si vede nei documenti allora pubblicati, quello fotografato qui sopra è del 1886, il campo di ricerca dei primi "ingegneri-geologi" era dedicato quasi esclusivamente all'ambito minerario; oggi, al contrario, si sente forte la necessità di creare figure che assumano un peso sempre maggiore nella gestione complessiva del territorio.
In realtà, nel fermento del XIX secolo, troviamo in piena attività numerose figure di riferimento che si occupavano di materie attinenti la geologia, sebbene provenissero da diversi campi accademici. Friedrich Mohs nacque nel 1773 a Genrode (Germania) e morì durante un viaggio ad Agordo nel 1839. Nella sua carriera studiò fisica, matematica e chimica fino ad approdare, in Sassonia, all'Accademia Mineraria di Freiberg. Fu professore a Graz, Freiberg e Vienna: insomma una gran bella testa.

Friedrich Mohs - Wikipedia
A distanza di quasi 200 anni quello che fu, innanzi tutto, un illustre mineralogista, viene ricordato per aver ideato la scala di durezza che porta il suo nome e che classifica i minerali sulla base delle caratteristiche fisiche e non, come tradizionalmente avviene, sulla loro composizione chimica. 
La scala di Mohs è empirica ed assume come riferimento dieci minerali, partendo dal principio che ciascuno è in grado di scalfire quello precedente e viene scalfito da quello che segue. E' erroneo chiamarla scala, poiché i "gradini" che distanziano un minerale all'altro non sono posti ad intervalli costanti.
Curioso ricordare la sequenza, soprattutto i riferimenti all'unghia ed all'acciaio molto pratici: si noti la facilità di incisione che ha permesso di indicare la provenienza nel cristallo di gesso fotografato.



TENERI (si scalfiscono con l'unghia)
 1. Talco
 2. Gesso
SEMI DURI (si rigano con la punta di acciaio)
 3. Calcite
 4. Fluorite
 5 Apatite
DURI (non si rigano con la punta di acciaio)
 6. Ortoclasio
 7. Quarzo
 8. Topazio
 9. Corindone
10. Diamante

La sequenza, imparata a memoria anni fa, mi è tornata in mente di recente dopo aver letto, non ricordo bene dove, che la durezza dei coltelli di ceramica è pari a quella del diamante, con un valore di 9.5 sulla scala di Mohs
Impossibile, mi sono detto. La ceramica (materiale che assume un aspetto resistente per cottura)?
Fuorviato dal mondo dello "stovigliame", dove questo tipo di manifattura proviene quasi esclusivamente dalla lavorazione dei minerali a base di argilla, ho ritenuto doveroso approfondire il tema scoprendo che sulla materia esiste tutto ed il contrario di tutto, con alcune interessanti curiosità.


Innanzi tutto i coltelli in ceramica sono costruiti con materiali ad alta tecnologia: per intenderci quelli che si usano nella chirurgia specialistica o in odontotecnica. I coltelli di alta qualità, ben inteso.
Inaspettatamente la diffusione di prodotti a basso costo, come quelli oggi venduti in alcuni noti mobilifici, ha segnato una flessione in termini di vendita. La manifattura di qualità è stata infatti incalzata dal prezzo concorrenziale di lame che, risultando spesso scheggiate o inutilizzabili già a poca distanza dall'acquisto, hanno indotto il consumatore medio a non preferire questo tipo di utensile.
Le lame in ceramica sono tuttavia ineguagliabili in alcune lavorazioni, specie per la precisione del taglio, anche se oggi vengono superati da quelle in ossido di titanio, che aggiungono alla precisione il definitivo miglioramento rispetto a quello che appare il grande difetto della ceramica, la sua fragilità.
Falso mito da sfatare è quello che i coltelli ceramici evitano l'ossidazione, proprio perché il fenomeno che provoca annerimento superficiale negli alimenti è legato alla presenza di ossigeno (come dice la parola stessa) e non al tipo di materiale che provoca il taglio. Questo ce lo spiega benissimo Dario Bressanini in un apposito esperimento.

baddeleyite- crystalclassics.co.uk 
Il materiale utilizzato per la loro costruzione è Ossidio di Zirconio, che nella forma cristallina assume nome mineralogici quasi impronunciabili: baddeleyite e tazheranite, molto rari (il secondo ha una sola miniera in ex Urss ed una in America Latina).
Fra le curiosità di questo materiale, ricordiamo che fonde a 2.680 °C, ha una resistenza elevatissima ed una conducibilità termica molto bassa, tanto da venir sfruttato come isolante nelle migliori tecnologie (provate a immergere un coltello in ceramica in acqua bollente per vedere se dopo scotta...).
Infine, si può affilare? Si, al contrario di quello che in molti pensano.
Solo che, come ci ricorda la Scala di Mohs, questo può avvenire utilizzando esclusivamente un materiale di durezza più elevata: il diamante. Le mole da affilatura sono quindi ricoperte di polvere diamantata, spesso di sintesi.
Il fascino del taglio con un coltello in ceramica rimane immutato, sebbene limitabile ad alcune tipologie di alimenti. Questo coltello rimane comunque complementare a quelli in acciaio (materiale con durezza di base 4.5 Mohs, circa metà), dalle forme sinuose ed dalle manifatture spesso inarrivabili.
Oggi le lame di acciaio amplificano le loro caratteristiche qualitative con l'utilizzo di leghe di altri metalli (principalmente carbonio, vanadio e molibdeno), ma soprattutto con affilature di alta precisione, che ne fanno un attrezzatura insostituibile nella cucina casalinga e professionale.